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Agents of S.H.I.E.L.D. – 1×05 – The Girl in the Flower Dress

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Una delle poche cose che sembrava mettere d’accordo tutti, soddisfatti o insoddisfatti che fossero dalla visione dei primi quattro episodi di Marvel’s Agents of S.H.I.E.L.D., era la necessità impellente di cominciare a vedere un accenno di trama orizzontale dipanarsi episodio dopo episodio, qualcosa che iniziasse a dare unicità alla narrazione, qualcosa che fosse possibile seguire anche al di là delle singole situazioni di ogni singolo episodio. Insomma, serviva un qualche collante che cominciasse ad accompagnare lo spettatore nella visione, un qualche mistero che concentrasse l’attenzione, che desse un motivo per aspettare l’episodio successivo con un minimo di trepidazione, qualcosa che andasse oltre la figura di Coulson, personaggio che aveva praticamente retto da solo la baracca fino a questo momento col mistero della propria resurrezione (oltre che grazie alle doti attoriali di Clark Gregg, naturalmente).

Ebbene, a questa necessità pare cominciare a rispondere il quinto episodio, The Girl in the Flower Dress, nel contesto del quale finalmente la trama verticale circoscritta all’episodio stesso (un prestigiatore di strada cinese che da qualche tempo ha scoperto di possedere la facoltà di creare il fuoco a proprio piacimento) diventa solo un pretesto per inserire quello che sembra essere un accenno di trama orizzontale legato al Project Centipede, del quale s’era già accennato nel corso del pilot (ricordate l’affarino vagamente vermiforme del quale era stato dotato il primo “superuomo” col quale il team di Coulson aveva dovuto avere a che fare? Ecco).

Misteriosa protagonista dell’episodio è dunque Raina, la “girl in the flower dress” del titolo. La osserviamo nel cold open “adescare” il nostro superuomo di turno durante uno dei suoi spettacoli, convincendolo a farsi portare a casa, dove prima si fa dare ulteriore prova dei suoi poteri e poi lo fa catturare da un paio di misteriosi individui avvolti nel cellophane nelle tute ignifughe, che lo trascinano via verso un luogo non meglio identificato. Al risveglio, Raina riesce a convincere l’uomo che, in realtà, l’organizzazione per la quale lavora vuole il suo bene, vuole aiutarlo a sviluppare il proprio potenziale tramite la somministrazione di un siero che rafforzerà le sue capacità, in modo che il “dono” che gli è stato dato possa servire a renderlo ciò che è nel suo destino diventare: una stella, un supereroe – perfino dotato di nome, Scorch.

Inutile specificare che in realtà i piani di Raina e del resto del team di scienziati impiegato nel Project Centipede è semplicemente quello di usare il poveretto come cavia per testare su di lui la stabilità del siero, e poi per prelevare dal suo sangue quanto serve loro per continuare con i propri esperimenti, e poco importa se ciò comporterà la morte del malcapitato.

Coulson e il suo team riescono ad arrivare sul luogo per cercare di porre un freno alla follia dell’uomo che, dopo aver capito di essere stato raggirato, tradito e sfruttato, si libera e decide di mettere a ferro e fuoco l’intero laboratorio e chiunque si pari sul suo cammino. Arrivano però troppo tardi, e questo a causa delle vicissitudini personali di Skye, la quale, ormai l’avevamo capito, si era infiltrata nella S.H.I.E.L.D. per perseguire obiettivi del tutto personali, dei quali ancora non sapevamo niente ma che ci sono stati infine rivelati: che Skye fosse un’orfana lo sapevamo già, quello che non sapevamo è che l’unico documento ancora esistente legato ai suoi genitori è un documento redatto dalla S.H.I.E.L.D. stessa, motivo per cui quella di infiltrarsi era l’unica possibilità che la ragazza credeva di avere per poter portare alla luce qualche informazione su suo padre e sua madre.

L’idea di dare una profondità maggiore a Skye funziona, era necessario cominciare ad approfondire i membri del team ed era giusto cominciare da lei, il “pesce fuor d’acqua” della situazione, ma la resa non è eccezionale. Le motivazioni di Skye sono piuttosto banali e Chloe Bennet purtroppo non è il massimo dell’espressività né della brillantezza nel portare su schermo le emozioni del suo personaggio, specie nelle scene in cui si suppone di vederla maggiormente coinvolta, come quando parla a Coulson dei suoi genitori.

Ma la pecca più grave della sua storyline non è tanto questa, quanto la stucchevole storiella che la vede coinvolta con Miles, suo “compagno di hacking” nella Rising Tide e suo, non so, fidanzato? Partner? Ragazzo on & off? Friend with benefit?, non è chiaro e, soprattutto, non interessa veramente a nessuno. Di fatto, il punto della loro relazione all’interno dell’episodio è fornire alla sceneggiatura un pretesto per

a) far venire finalmente a galla il problema del doppio gioco di Skye;

b) fornire una ragione plausibile per il ritardo che porta Coulson a non essere in grado di salvare il povero prestigiatore cinese e, soprattutto,

c) fornire la causa scatenante per la “redenzione” di Skye, che in questo episodio prende definitivamente le distanze dal suo passato nella Rising Tide per concedersi una vera occasione di entrare a far parte del team di Coulson e della S.H.I.E.L.D.

Il problema è che il tutto viene gestito in modo estremamente didascalico e poco brillante. La sottospecie di trama sentimentale viene un po’ buttata lì, data per scontata, ed appesantisce il resto della narrazione, motivo per il quale ho trovato nel complesso l’episodio un po’ più debole rispetto al precedente, meno divertente, meno genuinamente entertaining, più artificioso nella costruzione. Onestamente, però, se devo rinunciare al divertimento per un episodio per permettere agli autori di cominciare ad inserire una trama orizzontale che ci accompagni per tutta la stagione, mi sta bene. A patto, però, che nei prossimi episodi si ritorni ai toni più leggeri e scanzonati che, onestamente, avevo gradito per i primi quattro episodi. È possibile continuare a seguire una trama orizzontale senza appesantire troppo la narrazione, e spero che, nei prossimi episodi, la serie riesca a trovare un suo equilibrio in questo.

Spero anche che il percorso di introspezione cominciato con Skye in questo episodio si estenda poi anche ai suoi compagni di squadra, perché se è vero che il duo Fitz-Simmons funziona benissimo come comic relief e non fa sentire allo spettatore il bisogno di un qualche approfondimento, è altrettanto verso che invece un personaggio come Ward ne ha bisogno per uscire dalla melma amorfa in cui si trova adesso, e che invece per un personaggio come Melinda May un minimo di approfondimento in più è semplicemente dovuto per rispetto a quello che, per adesso, è uno dei personaggi più convincenti ed allo stesso tempo divertenti ed affascinanti di tutta la serie.

In sostanza, comunque,

Ok.

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